Cambio di destinazione d’uso: quando è possibile e come si fa

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Il cambio di destinazione d’uso è la modifica della funzione che viene riconosciuta a un immobile: si tratta pertanto di una procedura con la quale il proprietario dell’immobile decide di variarne il ruolo – sotto il profilo urbanistico e catastale – passando ad esempio da unità residenziale a commerciale, da artigianale a industriale, e così via.

Insomma, con il cambio di destinazione d’uso è possibile trasferire ogni immobile da una categoria all’altra. Ma non sempre, si intende, il cambio può essere effettuato e, peraltro, non sempre richiede di seguire un identico iter. Proviamo a riassumere le risposte ai principali quesiti sul tema.

Quando il cambio di destinazione d’uso è rilevante e cosa significa

Stando a quanto afferma l’art. 23 del Testo unico dell’Edilizia, salvo che gli ordinamenti regionali non prevedano diversamente, il cambio di destinazione d’uso è ritenuto urbanisticamente rilevante se comporta il passaggio da una categoria all’altra, anche se non vi sono opere edilizie.

Insomma, anche se il proprietario non deve effettuare dei lavori sull’immobile, se intende modificarne l’uso da residenziale a – ad esempio – commerciale, il cambio si configura come rilevante per via (anche) degli effetti sulla rendita catastale, richiedendo la necessità di dotarsi di un permesso di costruire, emesso dal Comune di competenza.

Di contro, se il proprietario deve effettuare un cambio di destinazione d’uso che rientri però all’interno della stessa categoria catastale, allora la modifica non sarà rilevante e, come tale, richiederà solamente la necessità di presentare una Comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) da presentare all’ufficio tecnico del Comune in cui si trova l’immobile.

Quando il cambio di destinazione d’uso non è possibile

Ci sono però alcuni casi in cui il cambio di destinazione d’uso non è possibile. Il cambio è infatti vietato se:

  • il regolamento condominiale, approvato all’unanimità, dispone diversamente;
  • in base alla normativa comunale l’immobile non dispone dei requisiti speciali previsti per le categorie funzionali;
  • il piano regolatore pone dei vincoli in determinate zone della città o per un certo tipo di lavori previsti per il fabbricato.

Quanto costa il cambio di destinazione d’uso

È molto difficile preventivare quanto possa costare ogni cambio di destinazione d’uso, considerato che ciascuna procedura sarà diversa a seconda di dove si trova l’immobile e dei lavori che il proprietario ha in mente di realizzare.

In generale, però, le voci di spesa di cui bisognerebbe tenere conto sono quelle legate agli interventi edili (che però possono anche essere assenti), alle spese tecniche e ai compensi per i professionisti che sono coinvolti nel cambio di destinazione d’uso (come architetti, avvocati, direttori dei lavori, ecc.) e infine agli oneri di urbanizzazione e alle spese di segreteria che dipendono dal singolo Comune.

Inoltre, il tipo di passaggio di categoria influenzerà poi notevolmente il prezzo: il passaggio da un ufficio ad un’abitazione prevede dei costi mediamente inferiori rispetto a quelli per la trasformazione di un immobile commerciale in uno industriale.

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